24 February 2025
Transustanziazione e aniconismo

Massimo Leone

27 February 2025
2023/24 /ɪˈməːʃən/
111
Exploring Artistic, Cultural, and Historical Heritage through Computer Vision

Sinem Aslan

12 February 2025
2023/24 /ɪˈməːʃən/
111
Coding in speech | Generative machines | Interacting interfaces

Lorenzo Bacci and Flavio Moriniello

14 January 2025
2023/24 /ɪˈməːʃən/
111
Intelligenza artificiale. Prospettive critiche
19 December 2024
2023/24 /ɪˈməːʃən/
111
Ombre sul Mediterraneo: estetiche translocali e nuove geografie televisuali tra Italia ed Europa

Valentina Re

12 December 2024
2023/24 /ɪˈməːʃən/
111
Anthropology of Screens. Showing and Hiding, Exposing and Protecting

Mauro Carbone

2 July 2024
2023/24 /ɪˈməːʃən/
111
Images from an Exhibition. Inhabiting the world with the stereoscope

Giovanni Fiorentino

12 June 2024
2023/24 /ɪˈməːʃən/
111
Faraway, So Close! Bridging distances between Anthropological Philosophy and Media Anthropology

Martino Quadrato

12 June 2024
2023/24 /ɪˈməːʃən/
111
The Automatic Body: a mediarcheological approach

Alice Peli

21 May 2024
2023/24 /ɪˈməːʃən/
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Difficult Heritage: disputed figures in contemporary memorial museums

Giulia Bertolazzi

21 May 2024
2023/24 /ɪˈməːʃən/
111
“Antimonumenta”: artistic practice in feminist Mexico

Francesca Romana Gregori

9 May 2024
2023/24 /ɪˈməːʃən/
111
Death and Virtual Mourning. The “Return of the Dead” in Digital Afterlife

Maria Serafini

7 May 2024
2023/24 /ɪˈməːʃən/
111
Vierundzwanzig Beine! Carts, chariots, carriages and other (image-)media in Warburg’s Mnemosyne

Katia Mazzucco

16 April 2024
2023/24 /ɪˈməːʃən/
111
Education meets Virtual Reality. Reasoning on learning outcomes, inclusion and didactic scenarios

Ilaria Terrenghi

4 April 2024
2023/24 /ɪˈməːʃən/
111
Rape or “rape”? Virtual violence and the somatechnical body

Pietro Conte

26 March 2024
2023/24 /ɪˈməːʃən/
111
Chiromorphisms. The technical genesis of modern disability

Alessandro Costella

15 February 2024
2023/24 /ɪˈməːʃən/
111
The Obscene Device. Archaeology of Immersive Pornographies

Roberto Malaspina

1 February 2024
2023/24 /ɪˈməːʃən/
111
Techniques of Enchantment. Magic and Contemporary Technology

Sofia Pirandello

25 January 2024
2023/24 /ɪˈməːʃən/
111
Alternative Worlds – VR without Headsets

Margherita Fontana

11 January 2024
2023/24 /ɪˈməːʃən/
111
A world of imprints. The epistemology of visual evidence in digital and virtual media-ecologies

Rosa Cinelli

21 December 2023
2023/24 /ɪˈməːʃən/
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FEMINIST HORROR THEORY – Filmic Forms and Female Identity: Rewriting in the Key of Gender

Rossana Galimi

research: Seminar

2023/24 /ɪˈməːʃən/
111

Transustanziazione e aniconismo

Massimo Leone

La transustanziazione è un dogma per la teologia, un paradosso per la semiotica. La filosofia occidentale sente l’esigenza di definire la sostanza. La glossematica di L.T. Hjelmslev, cui si richiama molta semiotica strutturale, ne fornisce una concezione in chiave linguistica. La sostanza è materia formata dalla forma, sia sul piano dell’espressione che del contenuto. La relazione fra sostanze è ciò che dà luogo alla significazione.

 

Nell’Eucarestia, la materia visibile e percettibile del pane e del vino sembra non mutare, specialmente agli occhi di chi non crede; specie per tali occhi, non cambia neppure la forma del pane, sebbene spezzato e condiviso nella cena; non cambia la forma del vino, sebbene ripartito fra i commensali. Nel sacramento, tuttavia, si trasforma la sostanza di questo pane e di questo vino. Essi non divengono segno di qualcosa d’altro, bensì si transustanziano in un ente nuovo, che ha la materia e la forma del pane e del vino ma la sostanza del corpo di Cristo. La sfida alla fede risiede proprio nella difficoltà di credere a questo nuovo ente, il quale, pur apparentemente immutato nella materia e nella forma, è invece reso di sostanza diversa da una nuova meta-forma trascendente e invisibile, sia nelle sue cause che nei suoi effetti, la quale pone il pane e il vino come luogo di un nuovo contatto fra trascendenza e immanenza.

 

Questo dogma teologico, e questo paradosso semiotico, a prima vista non sembrano avere nulla a che vedere con le nuove tecnologie digitali, e in particolare con quelle immersive. Nei dispositivi e nelle rappresentazioni an-iconiche, una parte consistente della forza pragmatica dell’immagine, e più in generale del segno, si spende nel tentativo di persuadere o perlomeno di divertire (nel senso etimologico) rispetto alla presenza della rappresentazione. Da un certo punto di vista, però, la transustanziazione fa altrettanto: per quanto creatrice di simboli agli occhi del non credente, si offre come foriera di sacramento a quelli del credente; non attribuisce un nuovo senso arbitrario al pane e al vino ma in un certo senso ricrea il pane e il vino come se fossero non segni di una diversa semiotica, ma presenze di una nuova ontologia, legata al divino. L’Eucarestia dice che il pane e il vino nel Sacramento presentano una nuova metafisica.

In fondo, le tecnologie an-iconiche fanno altrettanto: propongono una rappresentazione semiotica come una manifestazione ontologica.

Vi è però, tra transustanziazione e an-iconismo, una differenza fondamentale: la prima non dissimula il pane e il vino né simula il corpo di Cristo, bensì transustanzia attraverso la parola. Nell’Eucarestia, è il logos che incarna il logos. È la performatività del linguaggio verbale che opera la transustanziazione. Tutti gli altri segni, dai gesti della cena al suo contesto, sono irrilevanti. Nell’an-iconismo, invece, non è la parola che simula o dissimula, bensì l’immagine. Per quanto accompagnata da altri segni, a inclusione di quelli verbali, è essa che si nasconde e pretende di scomparire. Il mutamento ontologico della transustanziazione non è per lo sguardo, ma per lo spirito. Se lo spirito crede, tuttavia, crede anche lo sguardo. Il mutamento semiotico dell’an-iconismo è invece per lo sguardo. Sembra quasi partire dal presupposto opposto: se lo sguardo crede, crederà anche lo spirito. Ma c’è qualcosa di affannoso in questo secondo procedimento; far credere a un’immagine che si trasmuta in realtà è una rincorsa continua, un agone asintotico con la miscredenza. Le realtà immersive, i deepfake, le immagini dell’intelligenza artificiale generativa sono forse un disperato tentativo di transustanziare senza la fede; ma si scontrano con un paradosso opposto a quello eucaristico; far credere attraverso l’immagine è forse impossibile. Le immagini sono forse il vero luogo dello scetticismo moderno, e della sua disperazione. Dove sono il pane e il vino delle nuove credenze digitali?

Biography

Massimo Leone

Massimo Leone è professore di Filosofia della Comunicazione, Semiotica Culturale e Semiotica Visiva presso il Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione dell’Università di Torino, Professore di Semiotica presso il Dipartimento di Lingua e Letteratura Cinese dell’Università di Shanghai, membro associato di Cambridge Digital Humanities presso l’Università di Cambridge, Direttore dell’Istituto per gli Studi Religiosi presso la Fondazione Bruno Kessler di Trento e Professore Aggiunto presso l’Università di Caracas.

È stato visiting professor in numerose università nei cinque continenti. Ha scritto quindici libri come autore unico, curato oltre sessanta volumi collettivi e pubblicato più di seicento articoli in semiotica, studi religiosi e studi visuali. Ha vinto un ERC Consolidator Grant nel 2018 e un ERC Proof of Concept Grant nel 2022.

È direttore responsabile di Lexia, la rivista di semiotica del Centro di Ricerca Interdisciplinare sulla Comunicazione dell’Università di Torino, co-direttore di Semiotica (De Gruyter) e co-curatore delle collane editoriali I Saggi di Lexia (Roma: Aracne), Semiotics of Religion (Berlino e Boston: Walter de Gruyter) e Advances in Face Studies (Londra e New York: Routledge).

research: seminar

Transustanziazione e aniconismo

Massimo Leone

La transustanziazione è un dogma per la teologia, un paradosso per la semiotica. La filosofia occidentale sente l’esigenza di definire la sostanza. La glossematica di L.T. Hjelmslev, cui si richiama molta semiotica strutturale, ne fornisce una concezione in chiave linguistica. La sostanza è materia formata dalla forma, sia sul piano dell’espressione che del contenuto. La relazione fra sostanze è ciò che dà luogo alla significazione.

 

Nell’Eucarestia, la materia visibile e percettibile del pane e del vino sembra non mutare, specialmente agli occhi di chi non crede; specie per tali occhi, non cambia neppure la forma del pane, sebbene spezzato e condiviso nella cena; non cambia la forma del vino, sebbene ripartito fra i commensali. Nel sacramento, tuttavia, si trasforma la sostanza di questo pane e di questo vino. Essi non divengono segno di qualcosa d’altro, bensì si transustanziano in un ente nuovo, che ha la materia e la forma del pane e del vino ma la sostanza del corpo di Cristo. La sfida alla fede risiede proprio nella difficoltà di credere a questo nuovo ente, il quale, pur apparentemente immutato nella materia e nella forma, è invece reso di sostanza diversa da una nuova meta-forma trascendente e invisibile, sia nelle sue cause che nei suoi effetti, la quale pone il pane e il vino come luogo di un nuovo contatto fra trascendenza e immanenza.

 

Questo dogma teologico, e questo paradosso semiotico, a prima vista non sembrano avere nulla a che vedere con le nuove tecnologie digitali, e in particolare con quelle immersive. Nei dispositivi e nelle rappresentazioni an-iconiche, una parte consistente della forza pragmatica dell’immagine, e più in generale del segno, si spende nel tentativo di persuadere o perlomeno di divertire (nel senso etimologico) rispetto alla presenza della rappresentazione. Da un certo punto di vista, però, la transustanziazione fa altrettanto: per quanto creatrice di simboli agli occhi del non credente, si offre come foriera di sacramento a quelli del credente; non attribuisce un nuovo senso arbitrario al pane e al vino ma in un certo senso ricrea il pane e il vino come se fossero non segni di una diversa semiotica, ma presenze di una nuova ontologia, legata al divino. L’Eucarestia dice che il pane e il vino nel Sacramento presentano una nuova metafisica.

In fondo, le tecnologie an-iconiche fanno altrettanto: propongono una rappresentazione semiotica come una manifestazione ontologica.

Vi è però, tra transustanziazione e an-iconismo, una differenza fondamentale: la prima non dissimula il pane e il vino né simula il corpo di Cristo, bensì transustanzia attraverso la parola. Nell’Eucarestia, è il logos che incarna il logos. È la performatività del linguaggio verbale che opera la transustanziazione. Tutti gli altri segni, dai gesti della cena al suo contesto, sono irrilevanti. Nell’an-iconismo, invece, non è la parola che simula o dissimula, bensì l’immagine. Per quanto accompagnata da altri segni, a inclusione di quelli verbali, è essa che si nasconde e pretende di scomparire. Il mutamento ontologico della transustanziazione non è per lo sguardo, ma per lo spirito. Se lo spirito crede, tuttavia, crede anche lo sguardo. Il mutamento semiotico dell’an-iconismo è invece per lo sguardo. Sembra quasi partire dal presupposto opposto: se lo sguardo crede, crederà anche lo spirito. Ma c’è qualcosa di affannoso in questo secondo procedimento; far credere a un’immagine che si trasmuta in realtà è una rincorsa continua, un agone asintotico con la miscredenza. Le realtà immersive, i deepfake, le immagini dell’intelligenza artificiale generativa sono forse un disperato tentativo di transustanziare senza la fede; ma si scontrano con un paradosso opposto a quello eucaristico; far credere attraverso l’immagine è forse impossibile. Le immagini sono forse il vero luogo dello scetticismo moderno, e della sua disperazione. Dove sono il pane e il vino delle nuove credenze digitali?

24 February 2025
11:00
13:00

Sala Martinetti

Università degli Studi di Milano

Via Festa del Perdono, 7

Transustanziazione e aniconismo
Massimo Leone
Sala Martinetti
Università degli Studi di Milano
Via Festa del Perdono, 7
20250224
11:00
13:00